Partiremo tra poco meno di cinque mesi per prenderci una lunga pausa dalla routine, e partiremo in formato famiglia, con bimbi al seguito. Abbiamo un biglietto per un viaggio di solo andata che ci porterà in Messico, poi da lì chissà, dove ci spingerà l’istinto e la voglia di scoprire cose nuove.
“Solo Andata”, cioè la sezione del blog su cui siete atterrati, è qualcosa che assomiglia a un diario. Potrebbe essere in futuro un vero diario di viaggio; per ora è un taccuino in cui appuntare idee, sensazioni e programmi. Ed un modo per dare qualche risposta alle domande più comuni che riceviamo, in vista del lungo viaggio che abbiamo di fronte.
Oggi, domani
Abbiamo deciso di lasciarci alle spalle i nostri lavori e le nostre abitudini, tracciando una bella linea rossa tra oggi e domani. Oggi è il tempo delle frustrazioni a lavoro, del guadagnare soldi per mantenere uno stile di vita che nessuno ci ha imposto, della comfort-zone nella quale ci crogioliamo ma che spesso ci fa perdere di vista il vero senso delle nostre esistenze.
Domani – speriamo – sarà il tempo di rimetterci in gioco, scoprire nuovi mondi e nuovi luoghi, nuove opportunità e prospettive. Sarà un tempo pieno da vivere in famiglia, da cui il lavoro troppo spesso di tiene lontani, o fisicamente, o con la testa. Sarà anche un tempo impegnativo, non ci illudiamo, che cercheremo però di affrontare con uno spirito più franco e combattivo.
Oggi, però, è anche tempo di qualcos’altro: sono i giorni in cui parliamo con gli altri della nostra decisione. Amici, colleghi, parenti, tanta gente a cui annunciare la nostra scelta di mettere la nostra vita dentro tre o quattro valigie, lasciare a casa tutto il superfluo, e partire.
Facendolo, captiamo tanti piccoli segnali, molti dei quali ci confermano che stiamo facendo la cosa giusta.
Ecco qui di seguito una conversazione-tipo, come ne abbiamo avute a decine nelle ultime settimane:
“E quindi partite, ma in vacanza?“
“Non proprio, in vacanza uno va e sa quando torna. Noi abbiamo dei biglietti di solo andata“
“Ah, ma quindi non tornate più?“
“Sì, torneremo, ma non sappiamo precisamente quando. Potrebbe essere abbastanza presto, diciamo in pochi mesi, ma anche molto più in là“
“E il lavoro?“
“Lo lascio“
“Cioè, prendi un periodo di aspettativa?“
“No, lo lascio“
“E la macchina?“
“La vendo“
“E…la casa?“
“Beh, quella rimane dov’è, è un po’ complicato spostarla e portarsela dietro, sai, il limite di peso dei bagagli e tutto il resto…“
Da qui, dicevamo, qualche piccolo segnale che ci fa pensare che stiamo facendo la cosa giusta. Perché le reazioni, dopo questo breve inizio di conversazione, sono sostanzialmente tre, e le accogliamo tutte come vengono. Ah, ovviamente, sono le reazioni davanti alle nostre facce, non sappiamo cosa venga bisbigliato alle spalle… ma anche questo fa parte del gioco.
Incredulità
“Dai, è uno scherzo“, o spesso molto più prosaicamente: “Ci state prendendo per il culo?“
Questa reazione ci fa capire che stiamo facendo qualcosa fuori dal comune. Rompiamo degli schemi consolidati. In realtà sappiamo che la nostra scelta non è affatto anomala: la fase di post-pandemia è stata etichettata come epoca delle Grandi dimissioni. Il numero di persone che hanno abbandonato il proprio lavoro dopo la pandemia è aumentato a livelli esagerati. Certo, non tutti si saranno licenziati per girare il mondo, ma quasi tutti l’hanno fatto – e lo stanno facendo – per cercare uno stile di vita più adeguato, meno frenetico, più incentrato sul rispetto della persona e delle proprie aspettative. E sì, molti l’hanno fatto anche per girare il mondo, o per aprire il famoso chiringuito alle Canarie ed in Costa Rica, il web ne è pieno di storie del genere.
Ci incoraggia, questa reazione di incredulità. Dobbiamo confortare il nostro interlocutore che no, non lo stiamo prendendo in giro, e che sì, la nostra sanità mentale è intatta. Siamo in perfetta forma. Ci incoraggia perché spesso la cosa più giusta da fare non coincide con quello che fanno tutti gli altri, e se tutti pensano che siamo in qualche modo arrivati, beh, è proprio in questo momento che bisogna mollare gli ormeggi e prendere il largo.
Ammirazione
“Ci vuole un bel coraggio… è una scelta coraggiosa che farà un gran bene a voi, e regalerà un’esperienza indimenticabile ai vostri bambini“
Come non prendere per un buon segnale un messaggio del genere. Spesso arriva da chi vede questa scelta come lontanissima dalla propria mentalità e dai propri progetti. Persone che mai oserebbero effettuare un cambio di carreggiata così netto, eppure in qualche modo appoggiano la nostra scelta. Soprattutto, sono consapevoli che da una scelta del genere potrebbero derivarne belle conseguenze per i nostri piccoletti.
A pensarci bene, il coraggio potrebbe avere molte declinazioni. Una su tutte: l’incoscienza. Può darsi, non lo escludiamo. Ma in fondo come può essere vissuta appieno un’esistenza se ogni tanto non si ha la sfrontatezza, l’incoscienza, la sfacciataggine di gettare il cuore oltre l’ostacolo?
Invidia
“Quante volte ho pensato anche io di farlo, ma per mille motivi non l’ho mai fatto“.
In questo commento c’è un’empatia e un attaccamento estremo al nostro progetto. Sentiamo molte persone dirlo, e guardandole negli occhi capiamo che veramente vorrebbero mollare tutto e partire con noi. Perché hanno già pensato di farlo, molti anni fa o appena dopo la pandemia – è indifferente; l’hanno pensato e non l’hanno potuto fare, per mille motivi tutti diversi. Un lavoro che non si può lasciare in nessun modo; figli troppo piccoli, o già troppo grandi; un compagno di vita che non viaggia sulla stessa lunghezza d’onda e tanti altri motivi che più o meno nettamente frenano le loro migliori intenzioni.
A tutti loro rispondiamo che il mondo è enorme, c’è spazio per tutti; che se lo facciamo noi, possono farlo tutti. E che possiamo prendere un magnifico appuntamento e incontrarci su qualche spiaggia caraibica, o in cima al Machu Picchiu, basta tenersi in contatto, i voli partono tutti i giorni per andare dall’altra parte dell’Oceano.
Il segnale più bello
Ma la cosa più bella, quando raccontiamo del nostro progetto, è che in quasi tutti, vediamo brillare gli occhi. Sentiamo di toccare delle corde dell’anima, è un attimo che ha tante facce: un mezzo sorriso, gli occhi che si illuminano, o un sospiro più profondo. Sentiamo che in fondo tantissime persone sentono di essere un po’ strette nelle loro vite, non per forza tristi o infelici, semplicemente avrebbero necessità di rompere le righe, di fare qualcosa per loro stessi. Mandare a quel paese il proprio capo, ad esempio. Partire per un lungo viaggio in solitaria, scrivere quel romanzo che hanno in testa da una vita, inseguire un sogno che hanno messo da parte troppo presto.
Per tutte queste persone, il nostro biglietto di solo andata rappresenta una scintilla, lo vediamo. Non sappiamo sempre qual sia il loro desiderio sopito che facciamo riaccendere, ma spesso è lì, e ce ne rallegriamo. Siamo felici perché realizzare il nostro grande sogno potrebbe aiutare anche altri a farlo. Se abbiamo deciso di raccontare la nostra avventura, è anche perché questa può essere utile ad altri, in forme e modalità che noi non riusciamo neanche ad immaginare.
Nota a margine
Piccola nota a margine. Capita, in alcuni periodi della vita, di leggere libri, ascoltare canzoni o vedere dei film, che sembra stiano parlando solo a noi. Vi è mai capitato? Ebbene, l’altro giorno in auto è passata una canzone – a cui finora non avevamo mai prestato alcuna attenzione particolare – che fa così:
Beati tutti gli uomini per bene
Chi non sapeva e chi non vuol sapere
E chi ha confuso l’abitudine con la felicità
Beato chi ha confuso l’abitudine con la felicità. Non ci dice niente tutto questo? Non vorrà forse dirci che ci accovacciamo troppo tranquilli nella nostra vita di tutti i giorni? E forse è il caso di staccarci qualche centimetro da terra e guardarci in prospettiva? Prendiamo anche questa canzoncina come un piccolo segnale di questo strano periodo, e andiamo avanti, i giorni corrono e la partenza si avvicina.
Per saperne di più:
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